E’ vero, non possiamo negarlo, stiamo vivendo in un periodo socio economico particolarmente complesso; ogni giorno cattive notizie ci colpiscono e, anche se molte non ci coinvolgono direttamente, lasciano in noi un segno, una piccola ferita. Tutti in questo periodo ci sentiamo più vulnerabili e l’incertezza sul nostro futuro, e su quello delle nuove generazioni, ci inquieta e ci pone di fronte tanti interrogativi: Perché siamo arrivati a questo punto? Cosa sarà di noi? Cosa dobbiamo fare? Da dove dobbiamo ricominciare per costruire il mondo che vogliamo?
A parte il fatto che resto sempre del parere che sia la cultura l’ingrediente principe della ricetta per la rinascita (senza addentrarmi in questioni politiche, dico che non smetto mai di stupirmi quando vedo che il Ministro Per i Beni e Le Attività Culturali viene continuamente visto come un Ministero di serie B, in un Paese come il nostro dove i beni culturali sono, e non è una frase fatta, la materia prima più preziosa che abbiamo), penso che per uscire dalla situazione nella quale siamo, sia anche importante sconfiggere il pessimo e il conseguente torpore che sempre più ci avvolge. Troppo spesso mi confronto con persone che non fanno altro che sottolineare gli aspetti negativi della realtà e gli ostacoli di ogni – anche piccola – impresa, che ricordano le prospettive non rosee del nostro futuro e che rimangono fermi lamentandosi e soffrendo più del necessario.
Certo, lo ripeto, non possiamo non essere realisti e non dire che la situazione è grave, che molte persone sono in serie difficoltà, ma come dice lo psicologo americano Gay Hendricks “Non c’è bisogno di affondare nella negatività. Osserviamola e poi andiamo avanti. Se vediamo un buco nella strada, non serve a niente fermarsi a lungo a guardarlo”.
Insomma, penso che sia un nostro dovere, o meglio – mi piace di più – un nostro diritto, non arrendersi, reagire, sforzarsi di essere ottimisti e credere di più in noi stessi e negli altri, perché, come ho sentito recentemente dire dallo scrittore Gianluigi Ricuperati, Ognuno di noi può produrre meraviglia e questa meraviglia – aggiungo io – può dare ossigeno all’intera società.
Pensare positivo non è facile, ma dobbiamo provarci nonostante i mille ostacoli che sempre più incontriamo anche perché, a volte, come ci ricorda Mandela che afferma “Spesso è la nostra luce, non il buio che ci fa più paura”, è più comodo essere pessimisti per non mettersi in gioco, per non riprovarci ancora, per non rischiare.
Concludo con una brevissima storia (ispirata al pensiero dello scrittore uruguaiano Eduardo Galeano) che mi hanno raccontato in questi giorni e che mi piace molto: Un uomo chiede a un saggio: Cos’è l’utopia? E il saggio risponde: E’ quella cosa che sta dieci passi davanti a noi. L’uomo allora fa dieci passi per raggiungerla, ma lei fa altri dieci passi in avanti allontanandosi. L’uomo prova più volte ad avvicinarsi all’utopia ma questa, man mano che lui avanza, si allontana ancor di più. Allora l’uomo chiede di nuovo al saggio: Ma a cosa serve l’utopia se non riesco mai a raggiungerla? E il saggio risponde: Serve a farti camminare.
Ecco, immaginare un mondo perfetto è un’utopia, ma il nostro cammino per raggiungerlo può sicuramente farci solo del bene, può fare la differenza nei nostri destini; Gandhi diceva che “Dobbiamo diventare noi il cambiamento che vogliamo vedere” e Mandela ha affermato che “Se voliamo troppo in basso non possiamo servire bene questo nostro mondo”.
Troppa semplicità o superficialità in queste mie parole? Non lo so, giudicate voi, l’invito che comunque faccio a tutti è di guadare veramente avanti con uno sguardo più fiducioso (perché esistono anche le belle notizie e le persone straordinarie, è sempre bene ricordarlo), cercare emozioni positive e coltivarle, godere anche delle piccole cose, sorridere di più e provare a far vincere sempre il buon umore; sicuramente non saranno solo queste le cose che ci faranno uscire dalla crisi, ma – ne sono certa – potranno dare il loro prezioso contributo.
Buon cammino a tutti e alla prossima riflessione…
Alessandra
concordo. abbiamo dilapidato il nostro tesoro, la nostra cultura. Il ministro dei beni culturali e del turismo dovrebbe essere più importante di quello dell’economia
Grazie Pani per il tuo commento. Abbiamo distrutto, ma purtroppo continuiamo a distruggere il nostro PATRIMONIO CULTURALE, chissà perché è così complesso riuscire ad individuare il suo vero valore anche economico…
Non credo sia solo una questione di cultura nell’accezione di sapere, bensì un problema antropologico. Come Spagna e Grecia siamo un paese bagnato dai raggi solari e questo influsso ci rende allegri, ma anche molto pigri e lassivi, quindi probabilmente rimarremo sempre così;-)