Ieri, anche se non ne avevo assolutamente voglia, mi sono messa a riordinare a casa dei miei genitori oggetti legati al mio passato. Mentre sceglievo cosa gettare e cosa invece conservare è comparsa, tra le scatole confusamente collocate sotto una tettoia all’aperto, lei, una dolcissima micina sconosciuta. Mi ha fatto compagnia per tutto il tempo che sono rimasta li; mi osservava curiosa o giocava con qualsiasi cosa attirava la sua attenzione e quando mi avvicinavo per accarezzarla faceva le fusa. E’ stata un’ottima amica in un momento non particolarmente piacevole per me. Un’amica inaspettata ma proprio per questo ancora più apprezzata.
Sinceramente ho sperato che non avesse ‘padroni’ così avrei avuto la scusa giusta per portarmi a casa un’altra gatta, poi però mia madre mi ha detto che è dei loro vicini. Le ho dato allora un po’ di cibo, le ho fatto questa fotografia e terminato il mio ‘lavoretto’ l’ho riportata nella sua casa.
Non so come l’hanno chiamata e non so se riusciremo ancora a stare insieme, ma voglio ringraziarla per la dolcezza, la simpatia e per avermi fatto tanta compagnia. Gli animali spesso sentono quando abbiamo bisogno di loro e sanno essere degli ottimi amici. Non dimentichiamolo.
GRAZIE MICINA PER ESSERCI STATA, la poesia di Neruda la dedico a te e a tutti i gatti che teneramente, discretamente e lealmente fanno compagnia agli esseri umani!
Alessandra
ODE AL GATTO di Pablo Neruda
Gli animali furono
imperfetti, lunghi
di coda, plumbei
di testa.
Piano piano si misero
in ordine,
divennero paesaggio,
acquistarono nèi, grazia. volo.
Il gatto,
soltanto il gatto
apparve completo
e orgoglioso:
nacque completamente rifinito,
cammina solo e sa quello che vuole.
L’uomo vuol essere pesce e uccello,
il serpente vorrebbe avere le ali,
il cane è un leone spaesato,
l’ingegnere vuol essere poeta,
la mosca studia per rondine,
il poeta cerca di imitare la mosca,
ma il gatto
vuole essere solo gatto
ed ogni gatto è gatto
dai baffi alla coda,
dal fiuto al topo vivo,
dalla notte fino ai suoi occhi d’oro.
Non c’è unità
come la sua,
non hanno
la luna o il fiore
una tale coesione:
è una sola cosa
come il sole o il topazio,
e l’elastica linea del suo corpo,
salda e sottile, è come
la linea della prua di una nave.
I suoi occhi gialli
hanno lasciato una sola
fessura
per gettarvi le monete della notte.
Oh piccolo
imperatore senz’orbe,
conquistatore senza patria,
minima tigre da salotto, nuziale
sultano del cielo
delle tegole erotiche,
il vento dell’amore
all’aria aperta
reclami
quando passi
e posi
quattro piedi delicati
sul suolo,
fiutando,
diffidando
di ogni cosa terrestre,
perché tutto
è immondo
per l’immacolato piede del gatto.
Oh fiera indipendente
della casa, arrogante
vestigio della notte,
neghittoso, ginnastico
ed estraneo,
profondissimo gatto,
poliziotto segreto
delle stanze,
insegna
di un
irreperibile velluto,
probabilmente non c’è
enigma
nel tuo contegno,
forse sei mistero,
tutti sanno di te ed appartieni
all’abitante meno misterioso,
forse tutti si credono
padroni,
proprietari, parenti
di gatti, compagni,
colleghi,
discepoli o amici
del proprio gatto.
Io no.
Io non sono d’accordo.
Io non conosco il gatto.
So tutto, la vita e il suo arcipelago,
il mare e la città incalcolabile,
la botanica,
il gineceo coi suoi peccati,
il per e il meno della matematica,
gl’imbuti vulcanici del mondo,
il guscio irreale del coccodrillo,
la bontà ignorata del pompiere,
l’atavismo azzurro del sacerdote,
ma non riesco a decifrare il gatto.
Sul suo distacco la ragione slitta,
numeri d’oro stanno nei suoi occhi.